Benvenuti nel mio blog.

Sono Milena Morganti, Psicologa e psicoterapeuta cognitivo-comportamentale.Spero che possiate trovare le informazioni che cercate. Scopo di questo spazio è divulgare informazioni riguardanti argomenti psicologici e psicopatologici. Immagino una persona che avverta un disagio e che non sia sicura di avere un problema psicologico; consulta il web alla ricerca di elenchi di sintomi in cui riconoscersi, per poi dare un nome a quello che sente e decidere se chiedere aiuto o meno e a chi. Oppure una persona curiosa, che voglia conoscere la psiche e i suoi sos nel quotidiano. Ecco vorrei presentare a queste persone argomenti così delicati nel modo più chiaro e comprensibile possibile.

venerdì 27 aprile 2012

la depressione

Circa il 15% delle persone vive un episodio di depressione almeno una volta nella vita.
La depressione si caratterizza per il tono dell’umore notevolmente abbassato; si posiziona all’estremo opposto dell’euforia, lungo la linea ideale dell’umore.
Nella vita sono inevitabili momenti di tristezza e demoralizzazione e non è sempre facile individuare dove questi finiscano e dove inizi la depressione.
Possiamo parlare di depressione quando l’umore è particolarmente basso per un periodo abbastanza lungo, quando stiamo male e “funzioniamo” meno bene. Cosa intendiamo con umore particolarmente basso e per periodo abbastanza lungo? Proviamo a dare un numero all’umore da 0 a 10, dove 0 indica la tristezza più assoluta e 10 l’euforia; valori da 4 in giù indicano un umore basso; se dura per più di due settimane, allora il periodo è abbastanza lungo. Quali sono i segnali della depressione? La depressione colpisce soprattutto il piacere, pertanto ci troveremo a non provare più interesse o piacere per attività che in precedenza ci piacevano. Cominciamo a praticarle sempre meno, di conseguenza non ne traiamo più soddisfazione, fino a cessarle perché non ci fanno ottenere piacere, in una spirale interminabile, riassumibile in meno facciamo e meno faremmo.
Potrei descrivere i sintomi della depressione, elencandoli e spiegandoli, ma preferisco raccontare la giornata di una persona depressa.

È suonata la sveglia. Mi sento stanco, senza energia e senza voglia di fare niente. Mi alzo a fatica dal letto, lo faccio perché sono obbligato ad andare a lavorare. Mi preparo con meno cura del solito: metto il primo abito che mi capita, mi lavo velocemente, non faccio colazione, tanto non ho fame. Ho un senso di vuoto che mi attanaglia, come se avessi perso per sempre qualcosa, ma non so cosa. Non ho voglia di sorridere, mi infastidisco per niente. Non saluto nessuno uscendo di casa, tanto meno entrando al lavoro. Svolgo il mio dovere sperando solo che il tempo passi in fretta e torni la sera, per potermi mettere a letto e spegnere il flusso di pensieri continuo che attraversa la mia mente. So già però che questa è una speranza vana: il tempo è lentissimo, per di più quando mi metterò a letto non riuscirò a chiudere occhio, i pensieri saranno ancora più rumorosi nel silenzio della notte e domattina sarò ancora più stanco. Intanto al lavoro non riesco a concentrarmi, mi sento proprio inutile. Questo mio modo di essere porterà alla rovina me e la mia famiglia e la colpa sarà solo mia. Pausa pranzo: ho un blocco allo stomaco, non riesco a mandare giù niente. Mi sento agitato, ma non ne ho motivo. Perché sto così? Non mi manca niente. Me lo ripetono tutti: devi reagire, non hai motivo di essere triste, hai una bella famiglia, un buon lavoro, la salute. Siete sicuri che il mio non sia un problema di salute? Non fisica. Nessuno mi capisce. Pensano che sia noioso e che non mi accontenti di quello che ho. Finisco il lavoro. I colleghi mi invitano al solito aperitivo. Non ho voglia di andare: non ho argomenti di cui parlare, mi infastidisce la loro allegria, le loro battute. Rispondo in malo modo che non ho intenzione di andare con loro, mi sento irritato. Ma perché? Imbarazzati per la mia reazione salutano e se ne vanno. Torno a casa. La mia tristezza e la mia angoscia sono palpabili: papà cos’hai? Mi chiedono i bambini. Niente, sono solo stanco. La mia vita mi sembra inutile, starebbero meglio senza di me. Ma cosa sto pensando? Come mi viene in mente una cosa del genere? Non sto bene, non capisco cosa non vada, ma c’è qualcosa. Voglio chiedere aiuto. Credo che sia un problema di natura psicologica.

A grandi linee la depressione si presenta così.
A volte, però, la persona depressa dorme molto più del solito o mangia molto più del solito. Spesso si associano sintomi fisici come mal di testa, dolori muscolari, addominali, palpitazioni e tachicardia.
Parlare di depressione è importante, perché troppo spesso le persone che ne soffrono non sanno dare un nome e una spiegazione a quello che stanno vivendo e questo rende tutto più tragico e insopportabile. L’argomento è così vasto che lo suddividerò in diversi post. Parleremo di depressione post partum, di come comportarsi con una persona depressa, dei modi per superare la depressione.

giovedì 5 aprile 2012

I bambini e le paure

I bambini e le paure

Tra i 2 e i 5 anni i bambini manifestano diversi tipi di paure, la più frequente delle quali è la paura del buio. A partire da quest’età i bambini diventano consapevoli del pericolo, che entra a far parte della loro immaginazione.
Così la notte si popola di personaggi pericolosi, che, spesso, servono ad elaborare una paura provata davvero. I bambini investono il buio di tutti i loro timori: quello di essere aggrediti e non potersi o sapersi difendere e, il peggiore di tutti, essere abbandonati dai genitori nel momento del bisogno.
Le paure dei bambini spaventano anche i genitori, che si trovano smarriti, confusi e non sanno come reagire alle manifestazioni di paura dei figli.
Non esistono bambini senza paure, possono tenerle nascoste, ma non evitare di provarle. La paura ha una funzione: serve a garantire la sopravvivenza, aiuta a valutare realisticamente un pericolo e le paure dei bambini sono una preparazione cognitiva e psicologica a ciò. Ogni bambino supera i propri timori a suo modo e ogni paura affrontata e superata aumenta la stima di sé.
In questo processo di superamento delle paure i bambini hanno bisogno di sperimentare la fiducia e il sostegno dei genitori, sentirsi sicuri e protetti e sentire che c’è fiducia nelle capacità di fronteggiamento.
Il processo di elaborazione delle paure è lungo: vengono all’improvviso, ma se ne vanno lentamente.
La paura del bambino va presa sul serio, non drammatizzata, non minimizzata, non razionalizzata; non va trovata la soluzione al posto suo; quello che conta è l’ascolto attivo, la comprensione, l’empatia.
“La caratteristica più importante dell’essere genitori è fornire una base sicura da cui un bambino possa partire per affacciarsi al mondo esterno e a cui possa ritornare sapendo per certo che sarà il benvenuto, nutrito sul piano fisico ed emotivo, confortato se triste, rassicurato se spaventato.”  (Bowlby, Una base sicura, Raffaello Cortina 1989)

I bambini e le regole


I bambini hanno bisogno di avere regole, per iniziare a capire cosa sia giusto e cosa sbagliato, cosa si possa fare e cosa no. È a partire dalle regole che vengono date dai genitori che si forma il sistema di regolazione proprio di ogni persona, in base al quale distingue il lecito dall’illecito, il giusto dall’ingiusto, i limiti di se stesso in rispetto degli altri. I bambini non hanno ancora la capacità di capire da soli tutto questo, sono persone in formazione, hanno bisogno di regole esterne, che poi faranno proprie e diventeranno interne. È necessario porre dei limiti chiari, fin dai primi anni di vita, per trasmettere loro il valore delle cose, la necessità di meritarle e l’importanza di desiderarle.
 È importante che ci siano regole anche per avere la possibilità di trasgredirle. Proviamo a pensare ad un adolescente cui i genitori non trasmettono-impongono regole: cosa potrebbe provare piacere a trasgredire? Nulla. E allora andrebbe a cercare la trasgressione estrema.
È dall’infanzia che si creano le basi di una buona alleanza genitore-figlio, anche attraverso il rispetto e la trasmissione di regole.
E allora quali e quante regole dare?
Ogni famiglia ha le sue regole irrinunciabili. Alcuni esempi: non ci si alza da tavola finchè non hanno finito tutti di mangiare, si va a letto alle nove, non si salta sui divani,  si riordinano i giochi prima di passare ad altre attività…
Le regole devono essere poche, chiare e condivise.
Poche : non possiamo sommergere i bambini di regole, non se le ricorderebbero nemmeno, ci devono essere tre, quattro punti fermi.
Chiare : ai bambini va spiegato il perché di una regola, non sono cose inventate da mamma o babbo per divertimento. Ad esempio nella regola presa sopra “si va a letto alle nove”, la spiegazione potrebbe essere perché la mattina ci si alza presto per andare a lavorare o a scuola ed è importante aver riposato per un determinato numero di ore. Vanno spiegate anche le conseguenze di un’eventuale trasgressione: se salti sul divano puoi cadere e farti male, inoltre il divano si può rovinare e a mamma dispiacerebbe.
Condivise : entrambi i genitori devono essere d’accordo sul rispetto di una regola. Non c’è cosa maggiormente fonte di confusione per un bambino di un genitore che punisce un comportamento e dell’altro che lo permette. Inoltre devono essere condivise con il bambino, assicurandosi che gli siano chiare e che le abbia ben comprese.
E come si trasmettono?
Parlando e agendo: spiegando e condividendo con il bambino le varie regole, ma soprattutto con l’esempio. Dobbiamo essere noi i primi a rispettare le regole che diamo. Non possiamo pretendere che nostro figlio resti a tavola fino alla fine del pasto se noi ci alziamo senza aspettare che gli altri abbiano finito. Non possiamo pretendere che nostro figlio rimetta a posto i giochi se noi non mettiamo a posto le nostre cose.
È l’esempio il veicolo principale di apprendimento per i nostri figli.